“Devo tuttavia confessare che,
nel mio sentimentalismo, sono profondamente commosso e ammirato di
fronte a quel lupo che non può azzannare la gola dell’avversario, e
ancor di più di fronte all’altro animale, che conta proprio su questa
sua reazione! Un animale che affida la propria vita alla correttezza
cavalleresca di un altro animale! C’è proprio qualcosa da imparare anche
per noi uomini! Io per lo meno ne ho tratto una nuova e più profonda
comprensione di un meraviglioso detto del Vangelo che spesso viene
frainteso, e che finora aveva suscitato in me solo una forte resistenza
istintiva: «Se qualcuno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra…».
L’illuminazione mi è venuta da un lupo: non per ricevere un altro
schiaffo devi offrire al nemico l’altra guancia, no, devi offrirgliela
proprio per impedirgli di dartelo!” (Konrad Lorenz, L’anello di Re
Salomone).
Prendo in prestito la frase di Lorenz,
tratta dal libro “L’anello di Re Salomone” (che consiglio vivamente di
leggere se ancora non l’avete fatto), proprio per introdurre l’argomento
di oggi: il linguaggio dei cani.
Prima di iniziare a parlare dei “comandi”
– seduto, terra, resta – è importantissimo capire come comunicare con
il nostro cane al fine di avere una corretta ed equilibrata relazione:
anche perché le migliori “litigate” tra tutte le specie animali (uomo,
cane) avvengono proprio a causa di una errata forma di comunicazione.
Partiamo dal significato etimologico della parola comunicazione, ovvero, trasmissione di una informazione da un mittente ad un destinatario attraverso un codice.
E’ proprio quest’ultima
affermazione che ci deve far riflettere: il codice della comunicazione è
sempre specie-specifico, quindi peculiare ad individui della stessa
specie. Molti animali, dalla balena al corvo, all’ape possiedono
sofisticati sistemi di comunicazione, ma nessuna specie usa i “suoni”
con la stessa complessità degli esseri umani. Ecco perché incontriamo
tanti problemi a comunicare verbalmente con i nostri cani.
Il linguaggio canino è
per lo più codificato nei geni, ma è anche ricco di suoni e di posture,
che riecono a trasmettere informazioni comunque molto complesse, come
scodinzolare o spostare la testa lateralmente. Però, dobbiamo sempre
tenere a mente che i cani non vengono al mondo parlando la nostra
lingua, o leggendoci nel pensiero; se il nostro cane non ascolta i
comandi impartiti forse è solo confuso (da noi!). Infatti, uno degli
aspetti fondamentali del nostro linguaggio è la sua flessibilità e
varietà di sinonimi: una vera tragedia invece per i nostri amati cani!
Ecco perché è necessario
che tutti i membri del branco/famiglia utilizzino sempre le stesse
parole: il comando “vieni”, è diverso da “forza, vieni qui”, “basta ti
ho detto di venire subito”, “ehi, piccolino dai vieni”, e così via. Per
convenzione i comandi più usati sono: seduto, terra, resta, piede. E
soprattutto non bisogna mai ripetere un comando altrimenti il nostro
cane imparerà ad ignorarci, oppure, alzare la voce sperando che così ci
comprenda meglio, cosa tipica invece del mondo umano, infatti, quando
parliamo con qualcuno e questo non ci capisce, ripetiamo la stessa
identica cosa di prima alzando la voce.
Non dobbiamo mai comportarci
come se il volume della nostra voce possa creare lo spunto necessario a
far reagire i nostri cani al comando dato. Nel branco, il soggetto
Alfa, “ non alza mai la voce”, ma si fa rispettare dai gregari “stando
in silenzio”; allo stesso modo i cani sono attratti da persone che
parlano a bassa voce, proprio perché la loro assenza di “abbaio” viene
percepita come un segno di autorità, e i cani sono attratti dal loro
senso di sicurezza. A volte rischiamo di incorrere in malintesi
comunicativi perché uomo e cane utilizzano segnali simili ma con
significati diversi.
Nel prossimo articolo spiegheremo
perché ridere, abbracciare, guardare negli occhi, correre, sono tutti
segnali con un’accezione positiva nel mondo degli umani, ma che in
“canese” vengono interpretati come segnali di dominanza.
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