Quando ero piccolo, ricordo che eravamo nel 1965, era usanza
nella mia famiglia, allevare un agnello a dicembre, per poi sacrificarlo e
mangiarlo nella giornata di Pasqua.
Io ero incaricato di accudirlo, pulirlo e dargli da
mangiare, a volte erano cosi piccoli che dovevo dargli il latte con il biberon.
Inutile dire, che la convivenza con questi piccoli ovini, istituiva un legame
molto forte, tanto da diventare un compagno di giochi, giorno dopo giorno mi affezionavo
sempre di più e ricordo benissimo, nella giornata della risurrezione di nostro
Signore non mangiavo mai carne di agnello, ed anche adesso a 60 anni,
rarissimamente ne mangio.
Penso che molte persone che stanno leggendo, avrebbero agito
come me, ma quello che vi sto raccontando ha dell’incredibile.
Grazie a mio nonno Federico, cacciatore di conigli e
beccacce, abbiamo sempre tenuto dei cani che lo aiutassero durante le battute
di caccia, fra questi c’era un magnifico pointer di nome Leo, che come si suol
dire, gli mancava solo la parola, tanto era intelligente.
Anche Leo nel periodo tra Natale e Pasqua, giocava con
l’agnellino ed il loro legame era cosi forte che sembravano della stessa razza.
Come ogni anno, arrivò la Pasqua e mio padre uccise
l’agnellino che sarebbe stato il pasto principale. Io come al solito non ne
mangiavo nel ricordo di quel legame che si era formato, ma la cosa
sorprendente, quell’anno, è stata che nemmeno Leo non ne volle sapere di
mangiarlo e, silenzioso e abbattuto, continuò lo sciopero della fame per
diversi giorni. Da allora, ha sempre rifiutato qualsiasi carne di ovino. gfp
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